L’artrosi della spalla e l’approccio conservativo
L’artrosi della spalla è una patologia non infrequente nella popolazione anziana, presente nel 20% della popolazione oltre i 65 anni.
L’aumento delle patologie degenerative della cuffia dei rotatori con i non infrequenti casi di rottura massiva che vediamo nella nostra pratica ambulatoriale hanno portato l’attenzione sull’importanza della fase preventiva dell’azione riabilitativa.
L’artrosi della spalla e Il complesso articolare
Il complesso articolare della spalla è un meccanismo di giunzione complesso: la presenza del legame tra scapola da una parte e rachide e parete toracica dall’altra rendono il cingolo scapolare un sistema a catena chiusa, nel quale i movimenti di una componente condizionano i movimenti dell’altra. In età avanzata la mobilità globale della spalla si riduce per la rigidità articolare e per l’aumento della cifosi dorsale che limita l’elevazione della scapola .
Nel movimento di elevazione dell’arto esistono delle forze che tendono a far scivolare la testa omerale verso l’alto mentre altre forze tendono a comprimere la testa contro la cavità glenoidea. A circa 90 gradi di elevazione le prime cominciano ad essere predominanti e se la cuffia dei rotatori non agisce come depressore omerale inizia l’usura della cartilagine proprio a livello della testa omerale e a livello della glena, instaurando così un iniziale processo artrosico. È un processo in genere molto lento (artrosi primaria) che risente di adeguati trattamenti fisio-chinesiterapici fino a quando il quadro artrosico è lieve o moderato; la progressiva erosione della cartilagine articolare gleno-omerale porta però a quadri artrosici sempre più gravi.
L’artrosi della spalla e la Disfunzione scapolare come fattore favorente
Osservazioni cliniche suggeriscono che la maggior parte delle sindromi che coinvolgono la spalla originano da disfunzioni nella coordinazione dell’attivazione muscolare e nel controllo del movimento della scapola (disfunzione scapolare), spesso misconosciute, che comportano un possibile sovraccarico della cuffia dei rotatori Perciò diversi studi sottolineano l’importanza preventiva e curativa di una normale cinematica scapolare. Una ridotta stenia degli extrarotatori provoca un minore tilt scapolare posteriore nella fase iniziale di elevazione dell’arto e una maggiore rotazione scapolare insieme a una retrazione clavicolare nella fase intermedia della elevazione dell’arto [J Orthop sport phys theraphy 2006]
In letteratura vi sono diversi studi che correlano la spalla dolorosa alla riduzione del tilt della scapola dovuto ad un accorciamento del muscolo piccolo pettorale
Il caso dell’alterato funzionamento scapolare può essere ricondotto a quelle che la terapista americana Shirley Sahrmann, partendo da un modello kinesiopatologico, ha definito come “sindromi da disfunzione del movimento” per indicare quelle problematiche che precedentemente venivano definite come “disordini muscolo-scheletrici regionali” o che comunemente vengono indicati come disfunzioni muscolo-scheletriche, sindromi miofasciali o sindromi da sovraccarico. Le sindromi da disfunzione del movimento (DSM) sono definite come condizioni di dolore localizzato conseguente all’irritazione del tessuto miofasciale, periarticolare e articolare.
L’origine e la causa del mantenimento di tale irritazione sono traumi meccanici, di piccola entità ma continui. Questi microtraumi sono spesso associati a sovraccarico, inteso come un sovra utilizzo o un carico eccessivo che provoca sollecitazioni che superano la soglia di tolleranza del tessuto, ledendolo.
Un’altra causa di microtrauma tissutale è il mantenimento di posture errate per lunghi periodi. Per il coinvolgimento della spalla, Tipico è l’atteggiamento del tratto dorsale del rachide in ipercifosi che predispone alla formazione di trigger points miofasciali periscapolari e del rachide cervico-dorsale.
Un contributo importante alla correzione di questi fattori viene dallla valutazione dell’ergonomia della postazione di lavoro e dall’attuazione di misure per mantenere una posizione corretta .
Una volta individuata la sindrome da disfunzione del movimento, l’obiettivo primario è quello di insegnare al paziente esercizi ben studiati, anche molto semplici, indirizzati alle cause specifiche del dolore. Il fisioterapista e il paziente devono identificare posizioni e attività quotidiane che hanno determinato l’instaurarsi del problema [Valutazione e trattamento delle sindromi da disfunzione del movimento. Shirley Sahrmann. UTET.].
Tra le cause di alterato ritmo scapolare, oltre ai noti deficit muscolari, vi sono le retrazioni muscolari e capsulari. Con un’adeguata valutazione clinica è necessario in fase preventiva riconoscere e correggere questa disfunzione garantendo così alla cuffia dei rotatori un corretto pattern di attivazione muscolare attraverso esercizi in catena cinetica aperta e chiusa e attraverso l’incremento degli esercizi di stretching capsular
Anche l’idrochinesiterapia va ricordata in questo ambito con la doppia valenza di terapia preventiva e di terapia riabilitativa adeguata a quadri artrosici gleno-omerali gravi e dopo chirurgia.
L’idrochinesiterapia
L’idrochinesiterapia è una metodica riabilitativa attualmente poco usata nonostante i riconosciuti vantaggi in termini di recupero precoce del movimento articolare, ridotta attivazione della cuffia dei rotatori in metodica assistita, possibilità di un recupero precoce della forza in assenza di dolore evocato.
E ancora, è necessario in questo ambito citare la valenza preventiva di onde d’urto extracorporee, di laserterapia ad alta potenza e di tecarterapia, che hanno una buona azione biostimolante e di rivascolarizzazione tendinea con una buona azione di riduzione del dolore a lungo termine. In particolare le onde d’urto focalizzate eseguite sotto controllo ecografico possono essere utili in pazienti affetti da tendinopatia calcifica: sembrano essere infatti efficaci nel trattamento della sintomatologia dolorosa ad una energia di 0.20 mJ\mm2 . La laserterapia ad alta potenza e la tecarterapia possono esser utili nei pazienti affetti da tendinopatia non calcifica della cuffia dei rotatori. La nostra esperienza ci porta a dire che l’associazione di queste terapie fisiche con un corretto programma chinesiterapico da buoni risultati funzionali a distanza anche se in letteratura mancano studi validati in merito.